Riabilitazione muscoloscheletrica
La riabilitazione muscoloscheletrica è un universo affascinante e complesso. Nel mondo della salute, ogni individuo è unico e ogni patologia può colpici in modo differente, influenzata dall’interazione con l’ambiente e con la nostra realtà quotidiana.
Quello che cerco di fare nella mia pratica clinica è una valutazione attenta e accurata della problematica che mi viene descritta. Non vado a valutare solo la zona dolente o il sintomo, ma il paziente in toto, chiedendomi:
“In che modo questo dolore sta limitando la vita del mio paziente e in che modo questi sta affrontando la sua problematica?”
Non solo vengono presi in considerazione gli aspetti biologici del paziente, come età, sesso, patologie pregresse, ecc., ma anche aspetti psicologici come attitudine, personalità, strategie di adattamento (coping) e aspetti che riguardano l’ambito sociale dell’individuo come il contesto familiare, quello socio-culturale e la presenza o meno di supporto sociale. L’integrazione di tutti questi fattori ci porta ad avere una visione più completa e realistica della condizione del paziente, ci aiuta a smontare false credenze e ad incoraggiare atteggiamenti positivi e adeguati rivolti al miglioramento del problema (modello BioPsicoSociale).
Come è strutturato un percorso riabilitativo
Immaginandoci all’interno di una seduta, la primissima parte della visita è la Diagnosi Differenziale, che mira ad escludere patologie mediche gravi che meritano in prima istanza una valutazione specialistica. I segni di possibili patologie serie responsabili della condizione clinica del paziente vengono chiamati Red Flags e sono indagati dal fisioterapista affinché venga effettuato un appropriato esame clinico.
Una volta esclusa la presenza di patologie mediche, è possibile addentrarci dentro la valutazione fisioterapica. Il paziente è sempre al centro del progetto terapeutico (Patient-Centred Care) e, per comprendere appieno ogni individuo e la sua esperienza unica è essenziale adottare una prospettiva globale e un approccio multifattoriale.
“Il dolore diventa un problema quando va ad incidere sulla vita del paziente, quando crea limitazioni che non possono essere gestite e non è più possibile creare degli schemi di adattamento.”
La sfida che ci viene posta è proprio quella di riabilitare quelle limitazioni che si sono introdotte nella vita del paziente, nel frattempo che la patologia muscoloscheletrica venga trattata e accompagnata al meglio verso la sua risoluzione, educando il paziente sulla migliore gestione della problematica, guidandolo e sostenendolo in questo processo.
Vengono valutati parametri quali ROM (Range Of Motion), forza e resistenza muscolare e si stabilisce una baseline da cui partire. Poi il paziente viene preso in carico e vengono effettuate delle tecniche per abbassare il dolore percepito, per desensibilizzare la zona trattata e per migliorare il movimento. Vengono effettuate sia tecniche di terapia manuale sia tecniche di movimento funzionale, poiché è importante dare degli stimoli sia passivi (il terapista lavora sul corpo) sia attivi (il paziente lavora con il corpo).
Migliorati i parametri valutati in precedenza, siamo entrati in quella che nel tecnico viene chiamata finestra terapeutica: una fase in cui il dolore del paziente è assente o minimo e si può lavorare sulla riabilitazione delle capacità motorie e funzionali.
Un programma basato su obiettivi reali
Come detto, il lavoro da svolgere è cucito sul paziente e sui suoi obiettivi, che sia ritornare a fare sport, gestire delle posture scomode e prolungate a lavoro, riacquisire la capacità di muoversi dopo un mal di schiena oppure ridare autonomia ad una persona anziana.
Sia in presenza di problematiche acute (infortunio) che di problematiche croniche (dolore persistente) la capacità del nostro corpo di gestire gli sforzi si abbassa ed è proprio su questo che dobbiamo intervenire.
“Grazie alla riabilitazione con l’esercizio terapeutico è possibile migliorare l’adattabilità del nostro corpo a sostenere gli sforzi che gli vengono richiesti.”
Proporre esclusivamente terapie fisiche, terapie manuali o terapie passive non è soltanto scorretto da un punto di vista accademico (gli studi scientifici confermano da diversi anni l’importanza dell’esercizio attivo per la riabilitazione di problematiche muscoloscheletriche), ma risulta anche controproducente per il nostro paziente: il solo abbassamento dei sintomi, il “sentirsi meglio” non equivale a stare effettivamente meglio e a preparare il paziente ad affrontare le attività quotidiane e le sfide che gli vengono presentate. Capita, infatti, che ci si ritrovi punto e a capo dopo poco tempo o non appena gli vengono richiesti degli impegni fisici.
Dal problema alla persona
Questo tipo di approccio, che sposta l’attenzione dal sintomo alla persona, che non punta il dito contro il corpo del paziente e che non interviene per “sostituire dei pezzi”, è altamente innovativo e risponde alle esigenze di una terapia riabilitativa scientifica, attuale e completa, che mette al centro il paziente rendendo parte attiva del suo percorso di cura.
“Questo approccio si basa su valide e rilevanti evidenze scientifiche, che ci indicano il miglior trattamento da effettuare, adattandosi a valori e alle preferenze del paziente.”
In conclusione, il fisioterapista moderno è il professionista che conosce e sa individuare differenti patologie mediche e muscoloscheletriche, conosce il loro decorso e la loro storia naturale, rassicura ed educa il paziente riguardo quello che sta succedendo e come dev’essere gestito, utilizza varie tecniche per diminuire il dolore e sviluppa una terapia attiva altamente personalizzata per migliorare mobilità, forza e tutte le capacità necessarie per rispondere adeguatamente alle esigenze di sforzo richieste, evitando così le recidive.
L’obiettivo è quello di migliorare notevolmente la qualità di vita della persona, restituendo al paziente autonomia e dignità, e offrendo al contempo una guida e un supporto costanti lungo il percorso di cura.
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